Category: Accessibilità

Il lavabo Prime arriva sul piccolo schermo

Non c’è più grande soddisfazione per uno Studio di Design che vedere i propri prodotti in uso e visibili nella vita quotidiana. Ancor più delle vendite. E’ questo il caso del lavabo Prime, scelto dalla produzione Rai per il serie televisiva ‘Lea – Un nuovo giorno’ sviluppata in 4 serate. Disegnato da Francesco Rodighiero, rispetta i principi del Design for All e ha ottenuto il Marchio di Qualità rilasciato dall’Associazione Design for All Italia.

La costruzione del set ha previsto la posa, seppur non propriamente corretta, di tre lavabi da appoggio con i miscelatori scelti e suggeriti dall’azienda produttrice del lavabo. Goman infatti ha provveduto alla fornitura degli elementi richiesti dalla produzione, che ringraziamo per la cortesia.

Possiamo supporre, quasi con certezza, che la scelta del prodotto sia riconducibile non unicamente per le caratteristiche funzionali. Ma anche per la volontà di non utilizzare lavabi ospedalieri particolarmente caratterizzanti e stigmatizzati, molto presenti in svariate strutture in Italia e all’estero. Fa ancora più piacere, quindi, almeno pensare che ci sia stata l’idea di presentare un bagno con elementi del Design italiano innovativi ed espressivi.

PEBA Lombardia, Linee Guida in chiave Design for All

Il 23 novembre 2021, la Regione Lombardia ha deliberato le nuove Linee Guida regionali per l’elaborazione dei PEBA. PEBA è l’acronimo di “Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche”.  La Legge del 1986 che intrudeva l’obbligo da parte dei Comuni non ha dato gli esiti auspicati, e molti comuni non sono dotati di un piano. Molto probabilmente, le ragioni risiedono nella mancanza d indicazioni tecniche necessarie alle Amministrazioni per la loro redazione.

La Regione Lombardia, deliberando le nuove linee guida, cambia radicalmente il paradigma. Non si tratta più unicamente di eliminare le barriere architettoniche, ma coniuga la progettazione accessibile e inclusione sociale dei cittadini, benessere ambientale e vivibilità dello spazio pubblico. Ancor più, innova la procedura seguendo l’approccio Design for All: un processo che include tutti gli attori, gli utenti e i decisori nella progettazione.

In questo modo, si sta cercando di andare oltre un approccio meramente burocratico, bensì si tende a strutturare gli interventi per la comunità con l’ottica di migliorare la qualità della vita. Non solo per le persone con disabilità, anche per garantire la mobilità, la fruizione di percorsi tra i luoghi di maggiore interesse (i luoghi dei servizi sociali, sanitari, storico-culturali, sportivi, ricreativi, scolastici). Un’opportunità per rilanciare l’attrattività dei territori e promuoverne l’economia e il turismo.

Per questo motivo, l’Associazione Design for All Italia mette a disposizione le proprie competenze a tutte le Amministrazioni pubbliche che necessitano di un supporto per l’elaborazione dei PEBA. In particolare per la formazione del personale amministrativo e per la consulenza strategica nella definizione degli obiettivi e priorità. A questo link potete trovare le informazione necessarie.

Per maggiori informazioni sulle linee guida, potete consultare l’articolo integrale dell’Associazione Ledha.

Design for All, Wikipedia: una definizione incorretta che non trova soluzione

Design for All, Wikipedia: una definizione incorretta che non trova soluzione.

Da diversi anni, alcuni membri dell’Associazione Design For All Italia hanno tentato di correggere la voce di Wikipedia consultabile online. Nonostante i vari tentativi, Wikipedia rigetta le rettifiche e permane un profondo fraintendimento. Paragonare o equiparare il Design for All all’Universal Design è scorretto proprio perché sono approcci progettuali profondamente diversi. Universal Design, Design for All, Inclusive Design, Human Centered Design, e tanti altri metodi progettuali, lavorano nella stessa direzione: migliorare la qualità della vita e l’autonomia, abilitare gli utenti. Ogni disciplina ha le sue particolarità con caratteristiche precise e condivise.

Definizione

La definizione ufficiale che potete trovare anche in questo sito con i dovuti approfondimenti, proveniente dalla Dichiarazione di Stoccolma dell’EIDD del 2004, è la seguente:

Design for All è il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza. Questo approccio olistico ed innovativo costituisce una sfida creativa ed etica per tutti i progettisti, designer, imprenditori, amministratori e dirigenti politici. Design for All ha lo scopo di consentire a tutte le persone di avere pari opportunità di partecipazione in ogni aspetto della società. Per raggiungere questo obiettivo, l’ambiente costruito, gli oggetti quotidiani, i servizi, la cultura e le informazioni – in breve, tutto ciò che è stato progettato e realizzato da persone ad essere utilizzati da persone – deve essere accessibile, conveniente per tutti nella società da utilizzare e rispondente alla diversa evoluzione umana. La pratica del Design for All fa uso cosciente dell’analisi dei bisogni e delle aspirazioni umane e richiede il coinvolgimento degli utenti finali in ogni fase del processo di progettazione.

Pare subito evidente che i 7 principi dell’Universal Design sono abbastanza lontani dal Design for All, e piuttosto vicini ad alcuni principi dell’Ergonomia contemporanea. Se da un lato parliamo di approccio olistico e quindi di interdisciplinarità dei saperi, dall’altro parliamo di rispettare e applicare una lista di indicazioni. Una check list da rispettare, e il progetto diventa Universal Design oriented. Ancor più, il Design for All rende partecipi dello sviluppo del progetto gli utenti finali e tutti gli stakeholder, l’Universal Design non esplicita l’aspetto partecipativo e tanto meno il rispetto della dignità degli individui.

Il processo Design for All

Su questo ultimo punto, il Design for All risulta sempre più attuale e ha anticipato di diversi anni quello che oggi viene indicato come co-design. I risultati del processo Design for All, in questo modo, risultano estremamente più raffinati. Riescono a raccogliere e analizzare i bisogni espressi e sommersi cercando di trovare una o più soluzioni adeguate.

Sull’importanza del processo e come applicarlo, torneremo nuovamente in un altro approfondimento. Un approfondimento necessario per motivare il coinvolgimento degli attori, non come passivi per convalidare il progetto, ma incoraggiati ad apportare la propria esperienza e creatività. Gli utenti coinvolti sono fondamentali e non più prescindibili in qualsiasi approccio progettuale.

Progetto per disabili, diversamente abili, persone con disabilità. Non è una questione di linguaggio.

Progetto per disabili, diversamente abili, persone con disabilità.

Apparentemente può sembrare una questione di linguaggio. La lingua corrente e le sue forme di applicazione rimangono come espressione della cultura, del grado di civiltà, del modo di pensare, e del livello di attenzione. Alcuni autori contemporanei, infatti, definiscono il linguaggio umano come uno strumento del pensiero.

La Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità

A valle di un processo evolutivo della lingua corrente che tende sempre a migliorarsi anche in relazione al rispetto e alla sensibilità degli individui, sono evidenti le scelte da organi governativi di rilievo come l’ONU con la “Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità”. Persone con disabilità è il termine utilizzato ufficialmente anche dallo Stato Italiano. Con molta probabilità, per mettere al centro dell’attenzione la persona e non la patologia, condizione fisica.

Questa scelta e tale espressione, quando è in relazione o accompagnata al progetto avvalora il suo significato (dal latino: pro avanti jacere gettare; ciò che viene gettato davanti) innovativo e contemporaneo. Altresì, fornire servizi di progettazione, prodotti, o altro per disabili o diversamente abili risulta quasi un ossimoro. Ciò che può migliorare la qualità della vita, l’autonomia e il diritto all’accesso e l’utilizzo è contrapposto al rispetto delle persone.

Ancor più che le barriere architettoniche, quindi, sono le barriere culturali che possono avere un grande impatto sociale sulle discipline e le manifestazione dell’operato dell’uomo. Già ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) aveva gettato le basi per rivedere alcuni paradigmi: “Le disabilità sono il risultato dell’interazione tra le persone colpite da menomazioni fisiche e psichiche, gli ostacoli posti dall’ambiente e i comportamenti degli altri che impediscono una effettiva e piena integrazione sociale sulla base di un principio di eguaglianza tra gli uomini.”.

Ancora una volta il Design for All risulta più lungimirante e discreto, parlando di diversità umana, anche in relazione a desideri e ambizioni.

Cos’è il Design for All – Intervista a Francesco Rodighiero

Recentemente mi hanno sottoposto una serie di domande molto pertinenti per capire a fondo il Design for All e come possa essere utile quando applicato. E’ una breve intervista che cerca di fare il punto della situazione e costituire un punto di partenza per chi vuole approfondire il tema.

Francesco Rodighiero

1. Cos’è il Design for All? Come lo intende?

La Dichiarazione di Stoccolma del 2004 non lascia spazio a fraintendimenti e definisce il Design for All come il “[..] il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza. [..]”. A livello più personale, utilizzo i principi del DfA perché i prodotti per persone con disabilità abbiano la stessa cura dei prodotti del classico mondo del Design.

Dichiarazione di Stoccolma dell’EIDD©, 2004

2. Come progetta un prodotto seguendo i principi del Design for All?

I progetti nascono sempre dall’osservazione, dalla ricerca e principalmente dalle richieste della committenza. Il Design for All mi è utile per avere molta attenzione all’utenza ampliata: il Design tradizionale progetta spesso e volentieri per astrazione considerando l’uomo standard. Di fatto l’uomo standard non esiste, ma è invece un sistema complesso di abilità diversificate, a volte disabilità, e soprattutto desideri, aspirazioni.

vedi i nostri progetti Design for All

3. Si avvale anche del confronto con altri professionisti?

Nello Studio Rodighiero.Design ho la fortuna di avere un padre ingegnere che mi supporta in alcune soluzioni tecniche, i prodotti per le persone con disabilità a norma devono rispettare le portate e quindi sollecitazioni e sforzi di svariate centinaia di kg. Dall’altro lato ho un fratello architetto che mi aiuta a considerare e contestualizzare i prodotti all’interno di ambienti ricercati e contemporanei. Mi considero fortunato.

4. Come si è evoluta negli anni la progettazione “senza barriere architettoniche”?

Sicuramente negli ultimi vent’anni si fa molta più attenzione alle barriere architettoniche, anche se risolvono solo una parte del ‘problema’. Rendere accessibile un museo non significa rendere fruibile a tutti l’esposizione. Basti pensare ai non vedenti… In questo senso, è meglio avere un approccio inclusivo come il DfA e rendere l’abbattimento delle barriere architettoniche un sottoinsieme del processo di progettazione.

5. Si ritiene soddisfatto del percorso evolutivo della progettazione?

Sì, se vedessi anche grandi designer e archistar progettare in modo inclusivo…

6. Quali sono, secondo lei, gli aspetti che meritano più attenzione per il futuro?

L’invecchiamento della popolazione e la sua longevità sono fattori che non si possono non tenere in considerazione. E gli anziani di oggi sono persone che non voglio sentirsi tali, sono connessi alla rete e tecnologicamente educati grazie ai dispositivi mobili. In questo contesto, la dignità delle persone sarà sempre più importante. Non ci può più permettere di progettare ausili dal sapore ospedaliero, e, più in generale, mettere in commercio prodotti difficili da comprendere e utilizzare.

7. Come giudica la vision di Goman riguardo il Design for All? Avete nuovi progetti in cantiere?

Estremamente nobile. Sono rarissime le aziende che rischiano proponendo prodotti innovativi e inclusivi, che, nel suo settore, possono risultare dirompenti e inusuali. Ci vuole coraggio e determinazione. Dai risultati soddisfacenti delle vendite di Prime e dalla selezione per il Compasso D’Oro ADI, stiamo cogliendo l’occasione per sviluppare insieme al dipartimento di R&S un progetto nuovo che fa tesoro delle novità degli ultimi successi.

Design per l’accessibilità e la bellezza

1. Funziona. Ma non lo uso perché non mi piace.

A febbraio 2016, è stato organizzato da Thinkalize (e poi da Prodevo), Ipasvi e Paco un hackthon presso il Fablab di Brescia con persone affette da artrite reumatoide. E’ stata l’occasione per testare alcuni prodotti presenti in commercio da far provare e raccogliere dati per lo sviluppo di nuovi oggetti o il miglioramento degli esistenti. Abbiamo quindi preso nota delle osservazioni sul funzionamento, comodità, impressioni e commenti personali. Erano tutti strumenti scelti in base a tematiche sollevate dagli stessi pazienti: girare le chiavi, aprire le bottiglie o barattoli, impugnare le posate.

La vera nota di rilievo è stata la reazione di una paziente. Nonostante abbia ammesso che alcuni prodotti risolvessero un suo problema quotidiano, dichiara apertamente che non ha nessuna intenzione di acquistarli o usarli nemmeno in ambito domestico. Li ha ritenuti sgradevoli e fonte di imbarazzo. Nel caso specifico del gira-chiavi, ci ha fatto anche notare che proprio per questo motivo (oltre alle dimensioni) è uno strumento impossibile da portare con sé, nemmeno in borsa.

2. Il progetto per l’individuo reale. Risolvere problemi non è sufficiente.

E’ evidente che il focus dei progetti da sviluppare non si risolve nel mero funzionalismo, ma il funzionalismo diventa il presupposto per affrontare altre questioni ben più importanti: capire l’utente, come vuole sentirsi, in che occasioni viene utilizzato uno strumento, quali sono le dinamiche comportamentali, ecc. Insomma capire le emozioni e le esigenze personali dell’utente è fondamentale in questa tipologia di progetti.

Pensare quindi di risolvere un problema senza tener presente quanto sia importante la gradevolezza, sembra essere la conferma dell’erroneità del progetto. Un prodotto sgradevole, anche regalato, non viene utilizzato pur svolgendo perfettamente la funzione richiesta. Il prodotto “ghettizzante” non lo vuole nessuno, sia esso industriale, artigianale, DIY o Opensource. E se le usa è perché è costretto dalla sua disabilità, o nel peggiore dei casi, perché non ha la capacità d’acquisto per scegliere di meglio.

3. Una moltitudine di ausili: serve ricerca per non inventare la ruota.

In questo campo, come negli altri, la ricerca prima del progetto è importante. Nel caso del design per l’accessibilità è fondamentale, dato che il mondo di ausili e strumenti per persone con disabilità temporanee o permanenti è davvero grande. Il problema è che le informazioni non sono così accessibili (ironia della sorte) come nel mondo del design classico. Molti strumenti hanno nomi estremamente specifici o improbabili, i prodotti in commercio trovano il loro posto nella rete in siti vecchi e abbandonati, o peggio, ancora non hanno un’immagine di riferimento.
E’ consigliabile quindi visitare un’ausilioteca per capire il panorama delle soluzioni più comuni, fare una ricerca lunga e approfondita online per capire cosa esiste già e come il problema è stato risolto. L’operazione può richiedere svariato tempo. Diversamente, molti progetti per l’accessibilità sono mere rivisitazioni, restyle di prodotti esistenti di cui è possibile fare il gioco delle differenze.

4. La dignità come incognita non quantificabile.

Ancora una volta il Design for All, a distanza di svariati decenni, risulta ancora il miglior approccio per la progettazione. Perché a differenza di altri approcci, molti nati recentemente, pone al primo posto la dignità delle persone. Il Design for All ti spinge costantemente verso una spiccata sensibilità progettuale che permette di ottenere un risultato finale spesso vincente. In alcuni casi addirittura non si notano le qualità inclusive e il progetto si inserisce nei più comuni contesti del design.
C’è quindi la possibilità di trasformare un ausilio in gadget, un accessorio in momento decorativo. Vi sembra poco?
Ma la domanda aperta, in realtà, è questa: come quantificare la dignità?

Vedi altri progetti di Hackability

5. Soluzione for All + Poesia = Bingo!

Nel 2015 ho assistito ad una lezione al Politecnico di Milano del corso di Design for All. Avril Accolla ha tenuto un intervento sottoponendoci un progetto esemplare di come l’inclusione possa essere sviluppata nel progetto.

La piazza inclinata del Teatro dell’Opera di Oslo: un progetto che fa parlare, magari anche discutere, ma la nota era altrove. Era solo il pretesto per esprimere un’idea lungimirante, seppur non nuova, dalla capacità di sintesi ed efficacia notevole: “Se al progetto for All aggiungi la Poesia, hai fatto Bingo.”. Se per gli addetti al lavoro è una frase scontata, la realtà industriale toglie la poesia, imponendo al prodotto l’ostacolo della sua sgradevolezza e privandolo della sua funzione, intesa come ragion d’essere.

6. Alcuni consigli per la progettazione.

  1. Parla e confrontati con le persone (vedi Hackability che è uno statement).
  2. Fai una ricerca lunga e approfondita dei prodotti e delle soluzioni esistenti.
  3. Parti da un progetto/sistema funzionante e declinalo formalmente in base alle esigenze e al contesto.
  4. Progetta come se stessi progettando per te, o per la migliore azienda.
  5. Ricorda che il corpo umano è uno strumento, e ogni sua parte ti può aiutare.
  6. Non cercare sempre di nascondere o mimetizzare il prodotto, a volte la visibilità può essere un vantaggio.
  7. Ricordati che la disabilità è variabile e la personalizzazione è importante.
  8. Usa tutta la tecnologia che ti è più utile.
  9. Verifica e testa i tuoi progetti con gli utenti finali: da loro riceverai i migliori suggerimenti.
  10. Se puoi, rendi il tuo progetto opensource.

P.S. Ringrazio di cuore il Prof. Luigi Bandini Buti, maestro e amico. Molto nasce da sereni dialoghi e difficili confronti.

Francesco Rodighiero

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