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Articles Tagged with: normativa accessibilità

L’abbattimento delle barriere architettoniche. La legge 13 e i risultati raggiunti dalla sua adozione

La Legge 13/89 in Italia rappresenta un pilastro fondamentale per l’abbattimento delle barriere architettoniche, mirando a garantire l’accessibilità, la visitabilità e l’adattabilità degli edifici a favore delle persone con disabilità. Questa normativa, emanata in osservanza dell’articolo 3 della Costituzione italiana, prevede una serie di prescrizioni tecniche per nuove costruzioni,  ristrutturazioni e adeguamenti. Con l’avanzare del tempo, la legge ha subito delle modifiche e integrazioni, volte a migliorare e aggiornare le disposizioni iniziali. Ad esempio, il d.m. n. 236 del 1989 ha stabilito le prescrizioni tecniche dettagliate per le costruzioni, e ci sono state anche delle revisioni legislative come disposizioni che permettono alle persone con disabilità di procedere autonomamente. In aggiunta alle prescrizioni tecniche, la legge prevede incentivi economici, sotto forma di detrazioni fiscali, per favorire l’adeguamento degli edifici esistenti alle nuove normative. L’attuazione di questa legge ha portato ad una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’accessibilità e ha incentivato l’adattamento degli spazi abitativi e pubblici per renderli fruibili a tutte le persone, indipendentemente dalle loro capacità.

La Legge 13/89 e il successivo DPR 503/96 in Italia rappresentano le pietre miliari nazionali nell’eliminazione delle barriere architettoniche e nell’inclusione delle persone con disabilità. Mentre la Legge 13/89 ha stabilito i requisiti base per l’accessibilità nelle costruzioni, il DPR 503/96 ha introdotto regolamenti più dettagliati e specifici per l’adeguamento delle infrastrutture esistenti e la progettazione di nuove strutture, sia pubbliche che private, per garantire l’accessibilità e l’uso indipendente da parte di persone con disabilità. Le sinergie tra queste norme e le politiche europee, come la Strategia europea per la disabilità e la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD), sono evidenti. L’UE e i suoi Stati membri hanno l’obbligo di allineare le loro leggi interne con gli accordi internazionali che hanno ratificato. Questo significa che la legislazione italiana deve non solo rispettare i requisiti minimi stabiliti dalla propria legislazione nazionale ma anche adeguarsi agli standard internazionali.

Esaminando le sinergie in un contesto più ampio, un confronto con altri paesi potrebbe mostrare diversi livelli di progresso e approcci all’abbattimento delle barriere architettoniche. Alcuni paesi, ad esempio, potrebbero aver implementato norme ancora più stringenti o potrebbero aver integrato la tecnologia assistiva in modo più estensivo nelle loro infrastrutture. Altri potrebbero essere arretrati sia nella legislazione sia nell’attuazione, fornendo così un quadro di come differenti governi si attivano per rispondere ai bisogni delle persone con disabilità. Un confronto internazionale può rivelare best practices e approcci innovativi che potrebbero essere adottati o adattati in Italia o in altri Stati membri dell’UE. Inoltre, offre una prospettiva su come le diverse società si stanno muovendo verso l’inclusione totale e l’accessibilità, e quali sono le sfide comuni che tutti i paesi devono ancora affrontare.

Le critiche alla Legge 13/89, senza dimenticarne i benefici,  riguardano principalmente la necessità di un aggiornamento che rifletta le esigenze contemporanee. È stato suggerito che, piuttosto che concentrarsi solo sull’abbattimento delle barriere fisiche già esistenti, si dovrebbe adottare un approccio progettuale che elimini a priori le barriere, pensando a un’utenza più ampia e diversificata​. Il DM 236/89 fornisce linee guida dettagliate per la progettazione inclusiva, enfatizzando l’accessibilità, la visitabilità e l’adattabilità degli spazi. Tuttavia, c’è la percezione che tali leggi e normative possano portare alla creazione di ambienti che soddisfino i requisiti legali senza necessariamente considerare le esigenze individuali in modo integrato, specialmente per quanto riguarda le abilità e disabilità sensoriali, percettive​ e invece concentrandosi quasi esclusivamente sulla mobilità.

In una revisione ipotetica delle leggi e normative, sarebbe opportuno adottare un linguaggio normativo meno imperativo e più indicativo, che apra a una progettualità innovativa, espressiva e inclusiva. I nuovi riferimenti legislativi e normativi dovrebbero fungere da quadro orientativo, offrendo linee guida flessibili che stimolino soluzioni creative, considerando l’eterogeneità delle necessità funzionali e sensoriali degli utenti. Contestualmente, sarebbe essenziale implementare un meccanismo di valutazione adattabile, basato su parametri quantitativi e qualitativi, per apprezzare l’adeguatezza del progetto in relazione alla diversità delle condizioni umane, alle specificità del contesto ambientale e sociale. Un tale sistema dovrebbe permettere di bilanciare l’esigenza di standard di accessibilità con l’unicità dei requisiti espressi dai vari stakeholder che devono essere coinvolti nel processo, garantendo una verifica semplificata ma efficace dell’opera progettuale.

Design for All, Inclusive Design, Universal Design: approcci progettuali a confronto

Nell’evoluzione costante del Design e dell’innovazione, emerge sempre più la necessità di porre al centro della progettazione l’obiettivo dell’inclusione. L’inclusione è una parola che porta con sé numerosi significati e ambiti, in quello progettuale rappresenta l’ambizione di vivere in una società in cui ogni individuo, indipendentemente dalle sue abilità, disabilità, età, genere o background culturale, ha accesso agli stessi servizi, prodotti e opportunità – un mondo veramente equo e accessibile per tutti. L’importanza di porre l’inclusione al centro del processo di progettazione è resa ancor più evidente dal progressivo invecchiamento della popolazione: l’aumento della longevità è un segno di progresso, ma presenta nuove sfide per trovare le risposte più pertinenti alle esigenze di una popolazione anziana che convive con almeno cinque generazioni. Questo rende per il Design un imperativo etico, tecnico e pratico.

In tale contesto, emergono tre discipline significative che hanno affrontato la progettazione attraverso riflessioni in decenni di storia: Design for All, Inclusive Design e Universal Design. Ognuna affronta il tema con modalità da diverse angolazioni, ma con un obiettivo comune: migliorare la vita degli individui, l’autonomia e, più in generale, il benessere e il comfort attraverso la progettazione. Seppur con un obiettivo comune, ognuna ha le sue  caratteristiche distintive, in termini di processo, strategie e benefici. Le tre discipline promuovono una cultura di accettazione, rispetto e considerazione; questo conduce a una maggiore coesione sociale, a una riduzione delle disparità e a una maggiore partecipazione attiva di tutti i membri della comunità.

Dalla dichiarazione di Stoccolma del 2004, il Design for All è il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza. Le principali premesse sono l’approccio olistico e la sfida creativa: la prima evidenzia la necessità di organizzare gruppi di lavoro con le competenze e le professionalità necessarie per affrontare il progetto nella sua totalità e complessità; la seconda l’energia e la determinazione che spinge a esplorare nuove idee per superare gli ostacoli trovando soluzioni alternative e innovative. La sfida creativa ed etica è rivolta non solo ai progettisti, ma anche agli imprenditori, agli amministratori e ai dirigenti politici a cui è chiesto di considerare costantemente l’inclusione come parte integrante della loro visione proprio perché sono fondamentali decisori del processo progettuale in opera.

Il coinvolgimento attivo e creativo degli utenti finali, degli stakeholder (debitamente selezionati) e degli experiencer (diretti e indiretti) è il pilastro del Design for All, che ha consolidato da vent’anni la centralità di processi partecipativi. Gli individui eterogenei per cui sono destinate le soluzioni – che siano prodotti, servizi o ambienti – devono essere coinvolti fin dalle prime fasi del processo di progettazione perché portano una prospettiva unica e preziosa sulla loro esperienza e sulle eventuali difficoltà che affrontano. Il team di lavoro collabora con loro per comprendere i loro bisogni, preferenze ed esigenze specifiche, e trasformando le informazioni in requisiti di progetto che daranno vita alle soluzioni opportune anch’esse validate dalle persone coinvolte.

Il Design for All rappresenta una sfida che richiede tempo, impegno e talvolta costi aggiuntivi rispetto a un approccio tradizionale, ma riduce notevolmente la possibilità di errori (e quindi a sua volta eliminando i costi di rettifica) proprio per la continua verifica “bottom-up”. Inoltre assicura che le soluzioni siano mirate alla gradevolezza e non discriminanti, ovvero senza enfatizzare le differenze o le esigenze specifiche, come ad esempio quelle delle persone con disabilità.

 

LInclusive Design è una filosofia di progettazione molto simile al Design for All, infatti si pone come obiettivo la partecipazione in modo equo, sicuro e indipendente nelle attività quotidiane considerando la diversità umana. Per raggiungere questi obiettivi adotta una serie di principi chiave (esplicitati dal Design Council) che pongono, come il Design for All, le persone al centro del processo di progettazione promuovendo il benessere personale, la coesione sociale e il piacere per tutti. Sottolinea la necessità di non focalizzarsi unicamente alle limitazioni motorie, ma di estendere il proprio raggio d’azione anche alle difficoltà di apprendimento, ai problemi di salute mentale, alle disabilità visive e uditive. 

L’Inclusive Design riconosce apertamente che non sempre è possibile risolvere tutte le esigenze con una singola soluzione, e propone di rendere nota la parte di popolazione che potrebbe essere esclusa – le cause possono essere dovute a questioni tecniche, tecnologiche o, talvolta, economiche. Esorta a proporre alternative che tengono conto della diversità delle esigenze degli utenti, garantendo la possibilità di scelta, come collezioni di prodotti, soluzioni complementari, add-ons o altro. 

Di particolar rilievo, riconosce la diversità delle esigenze in continuo mutamento e propone che le soluzioni siano predisposte alla flessibilità nel tempo, garantendo che l’accesso e l’usabilità siano continuamente ottimali.

 

L’Universal Design è un approccio molto diffuso negli Stati Uniti, in Australia e non solo, che si basa su 9 principi chiave, rendendo il processo di progettazione inclusiva apparentemente di semplice applicazione: equità nell’uso, flessibilità nell’uso, semplicità e intuitività, informazioni per tutti, tolleranza all’errore, riduzione dell’Impegno fisico, dimensioni e spazio adeguati, compatibilità con il futuro, e bassi costi d’uso. Seppur la lista (o manifesto) sia ampiamente condivisibile, apprezzabile, e nonostante non sia concordato un particolare processo o metodo, questi principi subiscono continue integrazioni e precisazioni. La complessità del progetto contemporaneo e delle sfide richiede un continuo adattamento, la disciplina riconosce (indirettamente) che la diversità delle esigenze è difficilmente riassumibile in pochi assunti. 

In modo aperto o implicito, Design for All, Inclusive Design e Universal Design, tengono in considerazione l’impatto ambientale e il risparmio energetico – si affrontano sfide ambientali senza precedenti, e pertanto promuovono una progettazione sostenibile e responsabile per costruire una società più giusta, sostenibile e inclusiva per le generazioni presenti e future.

 

PEBA Lombardia, Linee Guida in chiave Design for All

Il 23 novembre 2021, la Regione Lombardia ha deliberato le nuove Linee Guida regionali per l’elaborazione dei PEBA. PEBA è l’acronimo di “Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche”.  La Legge del 1986 che intrudeva l’obbligo da parte dei Comuni non ha dato gli esiti auspicati, e molti comuni non sono dotati di un piano. Molto probabilmente, le ragioni risiedono nella mancanza d indicazioni tecniche necessarie alle Amministrazioni per la loro redazione.

La Regione Lombardia, deliberando le nuove linee guida, cambia radicalmente il paradigma. Non si tratta più unicamente di eliminare le barriere architettoniche, ma coniuga la progettazione accessibile e inclusione sociale dei cittadini, benessere ambientale e vivibilità dello spazio pubblico. Ancor più, innova la procedura seguendo l’approccio Design for All: un processo che include tutti gli attori, gli utenti e i decisori nella progettazione.

In questo modo, si sta cercando di andare oltre un approccio meramente burocratico, bensì si tende a strutturare gli interventi per la comunità con l’ottica di migliorare la qualità della vita. Non solo per le persone con disabilità, anche per garantire la mobilità, la fruizione di percorsi tra i luoghi di maggiore interesse (i luoghi dei servizi sociali, sanitari, storico-culturali, sportivi, ricreativi, scolastici). Un’opportunità per rilanciare l’attrattività dei territori e promuoverne l’economia e il turismo.

Per questo motivo, l’Associazione Design for All Italia mette a disposizione le proprie competenze a tutte le Amministrazioni pubbliche che necessitano di un supporto per l’elaborazione dei PEBA. In particolare per la formazione del personale amministrativo e per la consulenza strategica nella definizione degli obiettivi e priorità. A questo link potete trovare le informazione necessarie.

Per maggiori informazioni sulle linee guida, potete consultare l’articolo integrale dell’Associazione Ledha.

Progetto per disabili, diversamente abili, persone con disabilità. Non è una questione di linguaggio.

Progetto per disabili, diversamente abili, persone con disabilità.

Apparentemente può sembrare una questione di linguaggio. La lingua corrente e le sue forme di applicazione rimangono come espressione della cultura, del grado di civiltà, del modo di pensare, e del livello di attenzione. Alcuni autori contemporanei, infatti, definiscono il linguaggio umano come uno strumento del pensiero.

La Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità

A valle di un processo evolutivo della lingua corrente che tende sempre a migliorarsi anche in relazione al rispetto e alla sensibilità degli individui, sono evidenti le scelte da organi governativi di rilievo come l’ONU con la “Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità”. Persone con disabilità è il termine utilizzato ufficialmente anche dallo Stato Italiano. Con molta probabilità, per mettere al centro dell’attenzione la persona e non la patologia, condizione fisica.

Questa scelta e tale espressione, quando è in relazione o accompagnata al progetto avvalora il suo significato (dal latino: pro avanti jacere gettare; ciò che viene gettato davanti) innovativo e contemporaneo. Altresì, fornire servizi di progettazione, prodotti, o altro per disabili o diversamente abili risulta quasi un ossimoro. Ciò che può migliorare la qualità della vita, l’autonomia e il diritto all’accesso e l’utilizzo è contrapposto al rispetto delle persone.

Ancor più che le barriere architettoniche, quindi, sono le barriere culturali che possono avere un grande impatto sociale sulle discipline e le manifestazione dell’operato dell’uomo. Già ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) aveva gettato le basi per rivedere alcuni paradigmi: “Le disabilità sono il risultato dell’interazione tra le persone colpite da menomazioni fisiche e psichiche, gli ostacoli posti dall’ambiente e i comportamenti degli altri che impediscono una effettiva e piena integrazione sociale sulla base di un principio di eguaglianza tra gli uomini.”.

Ancora una volta il Design for All risulta più lungimirante e discreto, parlando di diversità umana, anche in relazione a desideri e ambizioni.

Francesco Rodighiero – Nuovo presidente Design for All Italia

A maggio 2021 si sono svolte le elezioni del nuovo direttivo dell’Associazione Design for All Italia, e con grande orgoglio comunichiamo che il nuovo presidente eletto è Francesco Rodighiero. Il ruolo istituzionale che ricoprirà per i prossimi due anni sarà rivolto principalmente alla disseminazione dei valori e dei principi del Design for All.

Il nuovo direttivo è composto da:

In particolare si è proposto di proseguire il lavoro e l’impegno del su precedessore, Giuseppe di Bucchianico, nel consolidare la base dell’associazione nonché di riflettere sulla comunicazione efficace per un pubblico trasversale e variegato. In particolare, a breve, comincerà un grande confronto con tutti gli stakeholder per approfondire e confrontarsi sull’efficacia della legge sull’accessibilità 13/1989.

Come Presidente Design for All Italia, l’intento è quello di capirne i pregi e i limiti dopo più di quarant’anni di applicazione, per poi costruire un eventuale processo che porti alla costituzione di documenti utili alla costruzione di una nuova legge sicuramente meno prescrittiva e più indicativa secondo il trend dell’Europa e dei paesi nordici.

Inoltre, si penserà a come implementare i servizi e le formazioni didattiche. L’Associazione vuole divenatre un riferimento solido sul tema per corsi, università e istituti e pubbliche amministrazioni. Non si escludono anche consulenze ad aziende per processi di co-design unitamente all’estrapolazione dei bisogni degli stakeholder per definire i requisiti di progetto. 

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