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Articles Tagged with: impatto sociale del design

Il lavabo Prime arriva sul piccolo schermo

Non c’è più grande soddisfazione per uno Studio di Design che vedere i propri prodotti in uso e visibili nella vita quotidiana. Ancor più delle vendite. E’ questo il caso del lavabo Prime, scelto dalla produzione Rai per il serie televisiva ‘Lea – Un nuovo giorno’ sviluppata in 4 serate. Disegnato da Francesco Rodighiero, rispetta i principi del Design for All e ha ottenuto il Marchio di Qualità rilasciato dall’Associazione Design for All Italia.

La costruzione del set ha previsto la posa, seppur non propriamente corretta, di tre lavabi da appoggio con i miscelatori scelti e suggeriti dall’azienda produttrice del lavabo. Goman infatti ha provveduto alla fornitura degli elementi richiesti dalla produzione, che ringraziamo per la cortesia.

Possiamo supporre, quasi con certezza, che la scelta del prodotto sia riconducibile non unicamente per le caratteristiche funzionali. Ma anche per la volontà di non utilizzare lavabi ospedalieri particolarmente caratterizzanti e stigmatizzati, molto presenti in svariate strutture in Italia e all’estero. Fa ancora più piacere, quindi, almeno pensare che ci sia stata l’idea di presentare un bagno con elementi del Design italiano innovativi ed espressivi.

Progetto per disabili, diversamente abili, persone con disabilità. Non è una questione di linguaggio.

Progetto per disabili, diversamente abili, persone con disabilità.

Apparentemente può sembrare una questione di linguaggio. La lingua corrente e le sue forme di applicazione rimangono come espressione della cultura, del grado di civiltà, del modo di pensare, e del livello di attenzione. Alcuni autori contemporanei, infatti, definiscono il linguaggio umano come uno strumento del pensiero.

La Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità

A valle di un processo evolutivo della lingua corrente che tende sempre a migliorarsi anche in relazione al rispetto e alla sensibilità degli individui, sono evidenti le scelte da organi governativi di rilievo come l’ONU con la “Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità”. Persone con disabilità è il termine utilizzato ufficialmente anche dallo Stato Italiano. Con molta probabilità, per mettere al centro dell’attenzione la persona e non la patologia, condizione fisica.

Questa scelta e tale espressione, quando è in relazione o accompagnata al progetto avvalora il suo significato (dal latino: pro avanti jacere gettare; ciò che viene gettato davanti) innovativo e contemporaneo. Altresì, fornire servizi di progettazione, prodotti, o altro per disabili o diversamente abili risulta quasi un ossimoro. Ciò che può migliorare la qualità della vita, l’autonomia e il diritto all’accesso e l’utilizzo è contrapposto al rispetto delle persone.

Ancor più che le barriere architettoniche, quindi, sono le barriere culturali che possono avere un grande impatto sociale sulle discipline e le manifestazione dell’operato dell’uomo. Già ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) aveva gettato le basi per rivedere alcuni paradigmi: “Le disabilità sono il risultato dell’interazione tra le persone colpite da menomazioni fisiche e psichiche, gli ostacoli posti dall’ambiente e i comportamenti degli altri che impediscono una effettiva e piena integrazione sociale sulla base di un principio di eguaglianza tra gli uomini.”.

Ancora una volta il Design for All risulta più lungimirante e discreto, parlando di diversità umana, anche in relazione a desideri e ambizioni.

Francesco Rodighiero – Nuovo presidente Design for All Italia

A maggio 2021 si sono svolte le elezioni del nuovo direttivo dell’Associazione Design for All Italia, e con grande orgoglio comunichiamo che il nuovo presidente eletto è Francesco Rodighiero. Il ruolo istituzionale che ricoprirà per i prossimi due anni sarà rivolto principalmente alla disseminazione dei valori e dei principi del Design for All.

Il nuovo direttivo è composto da:

In particolare si è proposto di proseguire il lavoro e l’impegno del su precedessore, Giuseppe di Bucchianico, nel consolidare la base dell’associazione nonché di riflettere sulla comunicazione efficace per un pubblico trasversale e variegato. In particolare, a breve, comincerà un grande confronto con tutti gli stakeholder per approfondire e confrontarsi sull’efficacia della legge sull’accessibilità 13/1989.

Come Presidente Design for All Italia, l’intento è quello di capirne i pregi e i limiti dopo più di quarant’anni di applicazione, per poi costruire un eventuale processo che porti alla costituzione di documenti utili alla costruzione di una nuova legge sicuramente meno prescrittiva e più indicativa secondo il trend dell’Europa e dei paesi nordici.

Inoltre, si penserà a come implementare i servizi e le formazioni didattiche. L’Associazione vuole divenatre un riferimento solido sul tema per corsi, università e istituti e pubbliche amministrazioni. Non si escludono anche consulenze ad aziende per processi di co-design unitamente all’estrapolazione dei bisogni degli stakeholder per definire i requisiti di progetto. 

Fenomenologia dell’esclusione

Il Design for All come approccio contemporaneo alla progettazione

Mi trovavo negli Stati Uniti, era la prima metà di giugno del 2009, e mi aggiravo lungo il passeggio che costeggia l’Oceano. Era, per me, la mia prima volta negli Stati Uniti e non esito a esprimere la mia profonda delusione. Un luogo senza identità, o almeno come la intendiamo noi europei, e senza riferimenti. Giungo finalmente in una libreria curioso di capire se avrei mai trovato qualcosa per cui sforzarmi di leggere in lingua originale; subito all’ingresso si presenta la sezione Design e Architettura. Non nascondo che la cosa mi fece piacere, un po’ perché avevo immediatamente trovato il mio spot in un’immensa (come tutto in America) libreria e un po’ perché avrei speso le prossime ore in luogo diverso da fast food, una boutique di abbigliamento, una mostra.

Tra i libri in evidenza trovo in primo piano quello che avrei poco dopo comprato: “Design meets disability” di Graham Pullin. L’argomento non mi suonava nuovo, proprio perché stavo sviluppando, nello stesso periodo, un progetto di un lavabo molto particolare per diversamente abili per un’azienda (Goman) e le mie ricerche hanno incontrato più volte l’Universal Design e le sue applicazioni.

Dalle prime pagine si evince che: “Universal design è il termine che viene associato ad una metodologia progettuale ad ampio spettro, e che ha per obiettivo la progettazione e la realizzazione di edifici, prodotti e ambienti accessibili a ogni categoria di persone portatrici e non di disabilità”. Tra la moltitudine di esempi possibili di Universal Design, i primi che l’autore sceglie sono l’iPhone (all’epoca era il 3G); il motivo soggiace nella tastiera numerica che il sistema operativo aveva predisposto in maniera tale da occupare tutto lo schermo. I pulsanti numerici erano, e sono ancora, sovradimensionati e pertanto la composizione di numero del telefono desiderato è estremamente accessibile anche agli anziani.

Si mostra clamorosamente che il pubblico di riferimento non è, come potrebbe sembrar scontato, unicamente la popolazione portatrice di disabilità, ma principalmente quella che vive la ormai conclamata terza, ma soprattutto quarta età. Diventa chiaro che l’età avanzata è fra i principali temi affrontati dalle discipline e dai processi di progettazione per l’utenza ampliata.

Qualche dato può aiutare a capirne la portata e la valenza. Va premesso che la definizione di anziano tout-court è vaga ed elastica; sia in ambito scientifico che nei rapporti tra individuo e società l’elemento che viene assunto come indicatore dell’invecchiamento è rappresentato dall’età cronologica. In altri termini si definisce anziano un individuo che abbia superato una soglia convenzionale di 60-65 anni. Sempre convenzionalmente si può definire terza età quella che va dai 60–65 anni ai 75 e la quarta età quella che dai 76 anni va oltre. Nell’Unione Europea vi sono attualmente più di 70 milioni di ultra sessantenni, il che corrisponde al 20% della intera popolazione.

Nel 2030 in Italia, secondo una indagine Eurispes, avremo un anziano ogni tre cittadini. È ovvio che nulla accomuna i soggetti della stessa fascia d’età; troviamo infatti anziani giovanilissimi, vispi e autosufficienti di 80 anni. Altrettanto ovvio è che avvicinarsi alla terza età, ma soprattutto alla quarta, porta con più probabilità al manifestarsi di malattie, patologie e difficoltà di vario genere.

Ma approfondendo e tornando sull’argomento, l’Universal Design non è l’approccio più corretto, o quanto meno il più completo e esaustivo per affrontare una tematica così complessa e eterogenea come la progettazione rivolta a tutta la popolazione. L’Universal Design, molto diffuso negli Stati Uniti, è molto concentrato sul prodotto finale utilizzando regole di facile applicazione; questo permette di avere risultati e vantaggi a breve termine, ma fallisce completamente nel creare una coscienza dell’inclusione sociale nei decisori e nei progettisti. Quindi le metodologie proposte da questa disciplina non permettono di misurare il rispetto della dignità umana, perché non misurabile con parametri puramente oggettivi. In questo senso, il Design for All si differenzia radicalmente.

Il Design for All è il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza”. “Progettare Design for All significa concepire ambienti, sistemi, prodotti e servizi fruibili autonomamente da parte di persone con esigenze e abilità diversificate”. È un processo progettuale che fa uso cosciente dell’analisi dei bisogni e delle aspirazioni umane ed esige il coinvolgimento degli utenti diretti. Sono quindi contemplati, a differenza di altre discipline, tutti gli elementi del progetto che non costituiscano discriminazione sociale o codici di ghettizzazione degli utenti. Questo è il punto chiave che permette al Design for All di mettersi in una posizione privilegiata, più contemporanea, e che allo stesso tempo amplia i fattori d’analisi nel progetto. Sono infatti coinvolti tutti i sensi (5) dell’uomo e perciò si può definire un approccio olistico, che senza dubbio risulta una sfida creativa ed etica non solo per designer e progettisti, ma anche per imprenditori, amministrazioni pubbliche e leader politici. È importante, infine, specificare che per “All” si intendono tutte le persone che vogliono, desiderano o devono fruire del progetto, e non “tutti” in senso categorico.

Sono disponibili diversi esempi dove questo processo di progettazione ha trovato applicazione con discreto successo. L’ambiente accessibile (anche se spesso discriminatorio) per antonomasia è sicuramente il bagno, anche perché regolato da normative precise quando è di servizio pubblico in contesti quali bar, ristoranti, alberghi, fiere, ecc… Meno scontato come esempio è lo sforzo degli ultimi anni da parte di Autogrill di disporre di strutture seguendo le linee guida del Design for All. Al momento, i siti di ospitalità e sosta davvero accessibili di Autogrill si trovano a Ravenna sulla E45 e a Villaroesi Est sulla A8 Milano Laghi. Questi due edifici sono agibili in tutte le loro parti in modo non discriminatorio, le scaffalature sono raggiungibili da tutti (bambini, adulti, diversamente abili), gli arredi (sedute e tavoli) sono leggeri e di facile manipolazione, contrasti cromatici adeguati, banconi accessibili anche per chi dispone di sedia a rotelle, ecc. Addirittura i bagni della struttura Villoresi Est hanno una conformazione originale e quasi sui genereris che non solo non è discriminante, ma è più confortevole e funzionale. Non è un caso che l’Associazione DfA Italia abbia conferito ad Autogrill il Marchio di Qualità Design for All.

Tra i vari prodotti accessibili, in commercio o in via di sviluppo, merita ancora una nota il Delicanter, progettato da Paolo Favaretto. Si tratta di un decanter in cristallo soffiato con un fondo quasi sferico accolto da una base di legno o metallo. In questo modo è anche (ma non solo) possibile servire la bevanda (vino o liquore) senza il minimo sforzo, perché è sufficiente far ruotare il decanter senza sollevarlo. È un progetto che apre la strada a chi ha difficoltà a gestire pesi (specialmente se i pesi sono sbilanciati) o ha perso la precisione nell’effettuare gesti di uso quotidiano. Questo accessorio da cucina è solo uno di una lunga serie di oggetti innovativi che possono sottolineare l’importanza di creare un mondo fruibile e confortevole per tutti attraverso un Design sempre più attento ai bisogni delle persone.

Se è chiaro che il Design for All (come altre discipline similari) si rivolge principalmente, ma non esclusivamente, agli anziani (per accessibilità e indipendenza) a quindi ad una fascia della popolazione molto amplia, stupisce come non sia un approccio e un metodo così diffuso e percepibile nella vita quotidiana. Ricerche dimostrano che il 90% dei prodotti in Europa non siano completamente accessibili e urge un’educazione ma soprattutto una sensibilità progettuale che completi il lavoro e l’efficacia mostrata dall’applicazione di normative locali o internazionali come, ad esempio, l’abbattimento delle barriere architettoniche. È sufficiente pensare a Ikea, la cui diffusione mondiale sia per arredi e complementi d’arredo che per un design democratico e a basso costo, per dimostrare come l’argomento “accessibilità” non sia una priorità; al momento, infatti, è presente una cucina per diversamente abili e poco altro. Sotto l’ottica del Design for All, Ikea diventa subito un riferimento meno democratico e con una visibilità da far riflettere. In questo senso, purtroppo, si può parlare di una fenomenologia dell’esclusione, sociale e percepita. I motivi che non spingono Ikea verso un’inclusione sociale più dichiarata sono molteplici e forse insindacabili, ma di certo questa multinazionale attualmente sta perdendo un’occasione.

Infatti il Design for All può essere una leva economica per le aziende da non sottovalutare: consente di soddisfare la maggior parte dei clienti dando facilità, comodità e gradevolezza d’uso anche a fasce penalizzate o spesso escluse, fidelizza i clienti perché valorizza la loro specificità, e dà una risposta creativa e non discriminante alle norme per la sicurezza e le disabilità. Ovviamente aumentare la possibilità di utilizzo di un ambiente o un prodotto significa aumentare il numero di utenti o consumatori, ma soprattutto, nel panorama attuale, per un’azienda significa differenziarsi e mostrarsi socialmente attivi, contemporanei. Si può dire con certezza che progettare il Design for All non significhi applicare al progetto limiti o restrizioni, ma che si tratti di un’occasione per sviluppare prodotti, sistemi o ambienti che abbiano un forte valore innovativo portatore, volendo, di nuovi linguaggi e soluzioni; celebre è la frase di Paul Hogan, presidente del EIDD Design for All Europe “Good design enables, bad design disables”.

È giunto ormai il momento che il Design for All, o più in generale il Design per la persona, venga trattato, considerato e valorizzato con lo stesso impegno con cui nell’ultimo decennio si è trattato il tema “sostenibilità” e dintorni. Se un prodotto non può prescindere dal considerare il suo impatto ambientale, ora non è più accettabile che un prodotto non consideri la possibilità che venga utilizzato da persone con abilità diversificate. Il futuro del design è conseguente, come la Storia insegna, al futuro dell’uomo; l’unica certezza è che l’uomo sopravvive sempre più a lungo e le difficoltà generate da questo fenomeno vanno affrontate.

Se il Design non se ne occupa è fuori dalla Storia.

BIBLIOGRAFIA

Graham Pullin, Design meets disability, Mit Pr, 2011

Avril Accolla, Design for All — Il progetto per l’individuo reale, Franco Angeli, 2009

Luigi Bandini Buti, Ergonomia Olistica, Franco Angeli, 2008

Gilardelli Daniela, Progetto “Idea DfA” — Il primo progetto italiano di introduzione del Design for All nelle PMI e le linee guida emerse, Camera di Commercio di Milan

La manipolazione e/o la riproduzione (totale o parziale) e/o la diffusione telematica di quest’opera sono consentite previa autorizzazione degli autori. Questo saggio è stato pubblicato nel 2012 all’interno di Bootleg 5/10.

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