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Design for All e PNRR: Un’opportunità per un futuro Inclusivo

Design for All e PNRR

L’accessibilità e l’inclusione non rappresentano più soltanto obiettivi etici e sociali, ma sono diventati parametri strategici di sviluppo e innovazione. Il Design for All, quale metodologia progettuale fondata sull’inclusività e sull’usabilità universale, si configura come uno strumento essenziale per garantire che prodotti, servizi e ambienti siano fruibili dal maggior numero possibile di persone, indipendentemente dalle loro capacità fisiche, sensoriali o cognitive.

In questo contesto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta un’occasione cruciale per la trasformazione dei territori e dei servizi pubblici secondo criteri di accessibilità, sostenibilità e innovazione. Con un budget complessivo di oltre 191,5 miliardi di euro, il PNRR prevede interventi mirati in molteplici ambiti, tra cui istruzione, mobilità, rigenerazione urbana, cultura e digitalizzazione, con un focus specifico sull’inclusione sociale.

Uno degli assi portanti del piano è rappresentato dalla Missione 5 – Inclusione e Coesione, che finanzia iniziative volte a ridurre le disuguaglianze e a garantire pari opportunità attraverso la riqualificazione delle infrastrutture e l’abbattimento delle barriere architettoniche. Questo si traduce in interventi concreti a favore della progettazione di spazi pubblici e privati più accessibili e fruibili.

All’interno di questo quadro, Rodighiero.Design for All si propone come partner strategico per enti pubblici, aziende e istituzioni interessate a sviluppare progetti coerenti con le linee guida del PNRR, attraverso l’applicazione rigorosa dell’approccio Design for All.

Servizi design for All
Design for All e PNRR - Rodighiero.Design for All - Partner, consulenza, architettura e design

Settori di applicazione e il nostro supporto tecnico


L’applicazione del Design for All nei progetti finanziati dal PNRR non si limita alla sola eliminazione delle barriere architettoniche, ma si estende a molteplici settori, favorendo un approccio globale all’accessibilità. Di seguito, analizziamo alcune delle aree chiave in cui il nostro studio può offrire competenze specialistiche.

1. Rigenerazione urbana e accessibilità degli spazi pubblici

Il PNRR destina risorse significative alla trasformazione delle città in ottica inclusiva, con progetti che riguardano la riqualificazione di aree urbane, spazi pubblici e infrastrutture di trasporto. Rodighiero.Design for All fornisce supporto nella progettazione di ambienti che rispettino le normative sull’accessibilità (DM 236/1989, UNI CEI EN 17161) e adottino un approccio integrato al Design for All, per garantire soluzioni che rispondano alle esigenze di tutte le persone, comprese quelle con disabilità motorie, sensoriali o cognitive.

2. Innovazione e digitalizzazione accessibile

Uno degli obiettivi del PNRR è la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e dei servizi per i cittadini. Tuttavia, l’accessibilità digitale è ancora una sfida aperta. Il nostro team può supportare enti e aziende nello sviluppo di interfacce, piattaforme e sistemi di comunicazione in linea con le direttive europee (Direttiva UE 2016/2102 sull’accessibilità web), garantendo una navigazione inclusiva per tutti gli utenti, compresi coloro che utilizzano tecnologie assistive.

3. Cultura e turismo accessibile

La Missione 1 del PNRR prevede investimenti nel settore culturale per favorire l’accessibilità ai musei, siti archeologici e spazi espositivi. Rodighiero.Design for All ha maturato un’esperienza consolidata nella progettazione di percorsi museali inclusivi, strumenti di fruizione multisensoriale e soluzioni per la comunicazione accessibile, contribuendo alla valorizzazione del patrimonio culturale in chiave Design for All.

4. Progettazione di prodotti inclusivi

Nel contesto della transizione ecologica e dell’innovazione industriale, il PNRR promuove lo sviluppo di prodotti e tecnologie sostenibili ed ergonomici. Il nostro expertise di product design affianca le aziende nella creazione di soluzioni accessibili e user-friendly, in conformità con gli standard internazionali, migliorando così la competitività sul mercato attraverso l’adozione di un approccio responsabile e inclusivo.

Con una metodologia scientifica e una profonda conoscenza delle best practice, Rodighiero.Design for All si pone come interlocutore privilegiato per tutte le realtà che intendono sfruttare i finanziamenti del PNRR per realizzare progetti di reale impatto sociale.

Consulenza design for All
Design for All e PNRR - Rodighiero.Design for All - Partner, consulenza, architettura e design

Come collaborare e sfruttare al meglio le opportunità del PNRR


Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta un’occasione unica per realtà pubbliche e private che desiderano investire in progetti accessibili e inclusivi. Tuttavia, per accedere ai finanziamenti e garantire la conformità ai requisiti previsti dalle normative europee e nazionali, è fondamentale adottare un approccio metodologico rigoroso e una visione strategica.

In questo contesto, Rodighiero.Design for All si propone come partner tecnico e consulenziale per accompagnare enti pubblici, aziende e studi professionali lungo tutto il processo progettuale. Le nostre competenze si articolano in diverse fasi operative:

Analisi e audit di accessibilità: valutazione delle condizioni esistenti e definizione di strategie di adeguamento per ambienti, prodotti e servizi in ottica Design for All.

Progettazione inclusiva: sviluppo di soluzioni innovative e accessibili nel settore dell’architettura, del product design e della comunicazione digitale.

Consulenza per bandi e finanziamenti: supporto nella predisposizione della documentazione tecnica necessaria per partecipare ai bandi di finanziamento previsti dal PNRR.

Formazione e capacity building: attività di aggiornamento professionale e sensibilizzazione sui temi dell’accessibilità e dell’inclusione per progettisti, amministratori pubblici e aziende.

Le amministrazioni e le imprese che intendono accedere ai fondi del PNRR possono contattarci per una prima consulenza gratuita, finalizzata a individuare le migliori strategie di intervento e le opportunità più adatte alle proprie esigenze.

PNRR – Documentazione ufficiale – Governo Italiano
Linee guida sull’accessibilità digitaleAgID – Agenzia per l’Italia Digitale
Osservatorio PNRR e disabilitàMinistero per le Disabilità
Normativa sull’accessibilità negli spazi pubblici UNI Ente Italiano di Normazione
Associazione Design for All ItaliaDFA Italia

Per maggiori informazioni o per valutare possibili collaborazioni, contattaci. Insieme, possiamo trasformare le opportunità offerte dal PNRR in progetti concreti e di valore per la collettività.

contattaci

A proposito di ergonomia

L’ergonomia contemporanea, nel suo intento principale, mira a ottimizzare l’interazione uomo-sistema al fine di promuovere il benessere individuale e incrementare l’efficienza operativa complessiva. La disciplina interviene attraverso l’analisi dettagliata e la progettazione consapevole di ambienti di lavoro, attrezzature, e interfacce utente, adottando una visione sistemica che comprende la fisiologia, la psicologia e l’interazione socio-tecnica. L’applicabilità dell’ergonomia si estende oltre il contesto lavorativo, permeando la vita domestica e il tempo libero, con implicazioni significative nella progettazione di elettrodomestici, mobili, strumenti e dispositivi digitali. In ogni scenario, l’obiettivo rimane quello di armonizzare le esigenze fisiche e cognitive dell’individuo con le caratteristiche tecniche e funzionali dei sistemi che utilizza, per una coesistenza che privilegia la salute, la sicurezza e l’efficacia delle interazioni.

Esiste anche un’evoluzione dell’ergonomia contemporanea, definita olistica, e delineata da Luigi Bandini Buti, padre e fondatore della SIE, Società Italiana di Ergonomia. Si innesta sul paradigma dell’Olismo, che postula l’insufficienza delle analisi riduzioniste per comprendere la totalità delle dinamiche sistemiche. Secondo questa teoria, le proprietà emergenti di un sistema non sono deducibili esclusivamente dalla sommatoria delle sue parti costituenti. Tale impostazione critica la frammentazione dell’approccio ergonomico tradizionale, che tende a categorizzare l’interazione uomo-sistema in compartimenti stagni quali usabilità/progettazione, salute/sicurezza del lavoro, e ergonomia cognitiva. Bandini Buti avanza la necessità di un framework concettuale più sofisticato che integri le variabili fisiche, cognitive e affettive nel progetto ergonomico, enfatizzando la preminenza di fattori quali le pre-conoscenze e capacità dell’individuo, la memoria collettiva, i pattern comportamentali e le emozioni. L’Ergonomia olistica, quindi, propugna un ampliamento del corpus metodologico e degli strumenti epistemici per affrontare la complessità intrinseca delle interazioni umane nell’ambito del design di ambienti, prodotti e sistemi, proponendo un’analisi più integrata e meno compartimentale dell’interfaccia uomo-oggetto.

Per una valutazione finale ergonomica, i team di sviluppo ergonomico utilizzano modelli fisici o digitali per emulare le caratteristiche del design proposto. Queste varietà di prototipi sono essenziali per valutare l’interazione tra l’utente e il prodotto in condizioni controllate e per rilevare problemi di usabilità prima della produzione e il lancio sul mercato. Gli utenti finali sono coinvolti per testare questi prototipi, fornendo feedback preziosi sulla loro esperienza d’uso, comfort, e facilità d’interazione attraverso interviste, test di usabilità e questionari appositamente costruiti per la raccolta di dati significativi. Durante l’analisi dei risultati, si esaminano le metriche quantitative e qualitative raccolte, come ad esempio il tempo di esecuzione dei compiti, l’accuratezza delle prestazioni, e le risposte soggettive degli utenti riguardanti il comfort e la soddisfazione. Questi dati vengono poi utilizzati per valutare l’efficacia delle soluzioni. Pertanto, quando si designa un prodotto o una sua parte come ‘ergonomico’, ciò sottolinea e si intende che il processo di analisi e sintesi ergonomico è stato eseguito nel suo intero iter. L’efficacia della soluzione ergonomica è valutata in relazione alle informazioni, l’oggetto ergonomico non esiste come entità assoluta, ma è il risultato del confronto tra diverse soluzioni, con l’obiettivo di identificare quella che offre il massimo comfort e prestazioni secondo anche gli obiettivi definiti nel brief di progetto.

Nell’ambito dello sviluppo ergonomico di ausili destinati a persone con disabilità, l’azienda Ponte Giulio ha adottato un processo di ricerca e sviluppo mirato a ottimizzare le prestazioni ergonomiche dei propri prodotti. Ad esempio, la progettazione di maniglie e maniglioni di sicurezza riflette un’approfondita indagine sulle interazioni fisiche e percettive tra l’utente e l’ausilio. L’avanzamento tecnologico e la capacità produttiva hanno consentito l’esplorazione e l’adozione di forme e di materiali che offrono un comfort anche tattile e percettivo superiore. L’evoluzione di questi dispositivi avviene attraverso un processo iterativo, dove ogni nuova soluzione viene confrontata con le versioni precedenti tramite un’analisi anche basata su parametri antropometrici,  capacità umane, necessità e feedback raccolti nel tempo da utenti e clienti. Questo consente di affinare continuamente il design, migliorando l’impugnabilità e l’efficacia funzionale, assicurando che gli ausili non solo rispondano ai requisiti di sicurezza, ma promuovano il comfort per incrementare la qualità di vita.

Volendo sempre più lavorare per il miglioramento degli standard di vita quotidiana, il percorso verso soluzioni più avanzate è un intricato intreccio di variabili. La molteplicità di caratteristiche progettuali che nel tempo designer e università hanno analizzato, ha generato nel tempo discipline e processi molto più articolati ed efficienti. Oltre all’ergonomia, emergono discipline inclusive e metodologie problem solving, che abbracciano ad esempio anche la diversità umana e i molteplici contesti d’uso. Questi approcci integrano strategie e metodologie più complesse, superando i limiti del tradizionale processo ergonomico per abbracciare una visione più ampia e integrata del design.

 

Design for All, Inclusive Design, Universal Design: approcci progettuali a confronto

Nell’evoluzione costante del Design e dell’innovazione, emerge sempre più la necessità di porre al centro della progettazione l’obiettivo dell’inclusione. L’inclusione è una parola che porta con sé numerosi significati e ambiti, in quello progettuale rappresenta l’ambizione di vivere in una società in cui ogni individuo, indipendentemente dalle sue abilità, disabilità, età, genere o background culturale, ha accesso agli stessi servizi, prodotti e opportunità – un mondo veramente equo e accessibile per tutti. L’importanza di porre l’inclusione al centro del processo di progettazione è resa ancor più evidente dal progressivo invecchiamento della popolazione: l’aumento della longevità è un segno di progresso, ma presenta nuove sfide per trovare le risposte più pertinenti alle esigenze di una popolazione anziana che convive con almeno cinque generazioni. Questo rende per il Design un imperativo etico, tecnico e pratico.

In tale contesto, emergono tre discipline significative che hanno affrontato la progettazione attraverso riflessioni in decenni di storia: Design for All, Inclusive Design e Universal Design. Ognuna affronta il tema con modalità da diverse angolazioni, ma con un obiettivo comune: migliorare la vita degli individui, l’autonomia e, più in generale, il benessere e il comfort attraverso la progettazione. Seppur con un obiettivo comune, ognuna ha le sue  caratteristiche distintive, in termini di processo, strategie e benefici. Le tre discipline promuovono una cultura di accettazione, rispetto e considerazione; questo conduce a una maggiore coesione sociale, a una riduzione delle disparità e a una maggiore partecipazione attiva di tutti i membri della comunità.

Dalla dichiarazione di Stoccolma del 2004, il Design for All è il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza. Le principali premesse sono l’approccio olistico e la sfida creativa: la prima evidenzia la necessità di organizzare gruppi di lavoro con le competenze e le professionalità necessarie per affrontare il progetto nella sua totalità e complessità; la seconda l’energia e la determinazione che spinge a esplorare nuove idee per superare gli ostacoli trovando soluzioni alternative e innovative. La sfida creativa ed etica è rivolta non solo ai progettisti, ma anche agli imprenditori, agli amministratori e ai dirigenti politici a cui è chiesto di considerare costantemente l’inclusione come parte integrante della loro visione proprio perché sono fondamentali decisori del processo progettuale in opera.

Il coinvolgimento attivo e creativo degli utenti finali, degli stakeholder (debitamente selezionati) e degli experiencer (diretti e indiretti) è il pilastro del Design for All, che ha consolidato da vent’anni la centralità di processi partecipativi. Gli individui eterogenei per cui sono destinate le soluzioni – che siano prodotti, servizi o ambienti – devono essere coinvolti fin dalle prime fasi del processo di progettazione perché portano una prospettiva unica e preziosa sulla loro esperienza e sulle eventuali difficoltà che affrontano. Il team di lavoro collabora con loro per comprendere i loro bisogni, preferenze ed esigenze specifiche, e trasformando le informazioni in requisiti di progetto che daranno vita alle soluzioni opportune anch’esse validate dalle persone coinvolte.

Il Design for All rappresenta una sfida che richiede tempo, impegno e talvolta costi aggiuntivi rispetto a un approccio tradizionale, ma riduce notevolmente la possibilità di errori (e quindi a sua volta eliminando i costi di rettifica) proprio per la continua verifica “bottom-up”. Inoltre assicura che le soluzioni siano mirate alla gradevolezza e non discriminanti, ovvero senza enfatizzare le differenze o le esigenze specifiche, come ad esempio quelle delle persone con disabilità.

 

LInclusive Design è una filosofia di progettazione molto simile al Design for All, infatti si pone come obiettivo la partecipazione in modo equo, sicuro e indipendente nelle attività quotidiane considerando la diversità umana. Per raggiungere questi obiettivi adotta una serie di principi chiave (esplicitati dal Design Council) che pongono, come il Design for All, le persone al centro del processo di progettazione promuovendo il benessere personale, la coesione sociale e il piacere per tutti. Sottolinea la necessità di non focalizzarsi unicamente alle limitazioni motorie, ma di estendere il proprio raggio d’azione anche alle difficoltà di apprendimento, ai problemi di salute mentale, alle disabilità visive e uditive. 

L’Inclusive Design riconosce apertamente che non sempre è possibile risolvere tutte le esigenze con una singola soluzione, e propone di rendere nota la parte di popolazione che potrebbe essere esclusa – le cause possono essere dovute a questioni tecniche, tecnologiche o, talvolta, economiche. Esorta a proporre alternative che tengono conto della diversità delle esigenze degli utenti, garantendo la possibilità di scelta, come collezioni di prodotti, soluzioni complementari, add-ons o altro. 

Di particolar rilievo, riconosce la diversità delle esigenze in continuo mutamento e propone che le soluzioni siano predisposte alla flessibilità nel tempo, garantendo che l’accesso e l’usabilità siano continuamente ottimali.

 

L’Universal Design è un approccio molto diffuso negli Stati Uniti, in Australia e non solo, che si basa su 9 principi chiave, rendendo il processo di progettazione inclusiva apparentemente di semplice applicazione: equità nell’uso, flessibilità nell’uso, semplicità e intuitività, informazioni per tutti, tolleranza all’errore, riduzione dell’Impegno fisico, dimensioni e spazio adeguati, compatibilità con il futuro, e bassi costi d’uso. Seppur la lista (o manifesto) sia ampiamente condivisibile, apprezzabile, e nonostante non sia concordato un particolare processo o metodo, questi principi subiscono continue integrazioni e precisazioni. La complessità del progetto contemporaneo e delle sfide richiede un continuo adattamento, la disciplina riconosce (indirettamente) che la diversità delle esigenze è difficilmente riassumibile in pochi assunti. 

In modo aperto o implicito, Design for All, Inclusive Design e Universal Design, tengono in considerazione l’impatto ambientale e il risparmio energetico – si affrontano sfide ambientali senza precedenti, e pertanto promuovono una progettazione sostenibile e responsabile per costruire una società più giusta, sostenibile e inclusiva per le generazioni presenti e future.

 

Il lavabo Prime arriva sul piccolo schermo

Non c’è più grande soddisfazione per uno Studio di Design che vedere i propri prodotti in uso e visibili nella vita quotidiana. Ancor più delle vendite. E’ questo il caso del lavabo Prime, scelto dalla produzione Rai per il serie televisiva ‘Lea – Un nuovo giorno’ sviluppata in 4 serate. Disegnato da Francesco Rodighiero, rispetta i principi del Design for All e ha ottenuto il Marchio di Qualità rilasciato dall’Associazione Design for All Italia.

La costruzione del set ha previsto la posa, seppur non propriamente corretta, di tre lavabi da appoggio con i miscelatori scelti e suggeriti dall’azienda produttrice del lavabo. Goman infatti ha provveduto alla fornitura degli elementi richiesti dalla produzione, che ringraziamo per la cortesia.

Possiamo supporre, quasi con certezza, che la scelta del prodotto sia riconducibile non unicamente per le caratteristiche funzionali. Ma anche per la volontà di non utilizzare lavabi ospedalieri particolarmente caratterizzanti e stigmatizzati, molto presenti in svariate strutture in Italia e all’estero. Fa ancora più piacere, quindi, almeno pensare che ci sia stata l’idea di presentare un bagno con elementi del Design italiano innovativi ed espressivi.

Design for All, Wikipedia: una definizione incorretta che non trova soluzione

Design for All, Wikipedia: una definizione incorretta che non trova soluzione.

Da diversi anni, alcuni membri dell’Associazione Design For All Italia hanno tentato di correggere la voce di Wikipedia consultabile online. Nonostante i vari tentativi, Wikipedia rigetta le rettifiche e permane un profondo fraintendimento. Paragonare o equiparare il Design for All all’Universal Design è scorretto proprio perché sono approcci progettuali profondamente diversi. Universal Design, Design for All, Inclusive Design, Human Centered Design, e tanti altri metodi progettuali, lavorano nella stessa direzione: migliorare la qualità della vita e l’autonomia, abilitare gli utenti. Ogni disciplina ha le sue particolarità con caratteristiche precise e condivise.

Definizione

La definizione ufficiale che potete trovare anche in questo sito con i dovuti approfondimenti, proveniente dalla Dichiarazione di Stoccolma dell’EIDD del 2004, è la seguente:

Design for All è il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza. Questo approccio olistico ed innovativo costituisce una sfida creativa ed etica per tutti i progettisti, designer, imprenditori, amministratori e dirigenti politici. Design for All ha lo scopo di consentire a tutte le persone di avere pari opportunità di partecipazione in ogni aspetto della società. Per raggiungere questo obiettivo, l’ambiente costruito, gli oggetti quotidiani, i servizi, la cultura e le informazioni – in breve, tutto ciò che è stato progettato e realizzato da persone ad essere utilizzati da persone – deve essere accessibile, conveniente per tutti nella società da utilizzare e rispondente alla diversa evoluzione umana. La pratica del Design for All fa uso cosciente dell’analisi dei bisogni e delle aspirazioni umane e richiede il coinvolgimento degli utenti finali in ogni fase del processo di progettazione.

Pare subito evidente che i 7 principi dell’Universal Design sono abbastanza lontani dal Design for All, e piuttosto vicini ad alcuni principi dell’Ergonomia contemporanea. Se da un lato parliamo di approccio olistico e quindi di interdisciplinarità dei saperi, dall’altro parliamo di rispettare e applicare una lista di indicazioni. Una check list da rispettare, e il progetto diventa Universal Design oriented. Ancor più, il Design for All rende partecipi dello sviluppo del progetto gli utenti finali e tutti gli stakeholder, l’Universal Design non esplicita l’aspetto partecipativo e tanto meno il rispetto della dignità degli individui.

Il processo Design for All

Su questo ultimo punto, il Design for All risulta sempre più attuale e ha anticipato di diversi anni quello che oggi viene indicato come co-design. I risultati del processo Design for All, in questo modo, risultano estremamente più raffinati. Riescono a raccogliere e analizzare i bisogni espressi e sommersi cercando di trovare una o più soluzioni adeguate.

Sull’importanza del processo e come applicarlo, torneremo nuovamente in un altro approfondimento. Un approfondimento necessario per motivare il coinvolgimento degli attori, non come passivi per convalidare il progetto, ma incoraggiati ad apportare la propria esperienza e creatività. Gli utenti coinvolti sono fondamentali e non più prescindibili in qualsiasi approccio progettuale.

Cos’è il Design for All – Intervista a Francesco Rodighiero

Recentemente mi hanno sottoposto una serie di domande molto pertinenti per capire a fondo il Design for All e come possa essere utile quando applicato. E’ una breve intervista che cerca di fare il punto della situazione e costituire un punto di partenza per chi vuole approfondire il tema.

Francesco Rodighiero

1. Cos’è il Design for All? Come lo intende?

La Dichiarazione di Stoccolma del 2004 non lascia spazio a fraintendimenti e definisce il Design for All come il “[..] il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza. [..]”. A livello più personale, utilizzo i principi del DfA perché i prodotti per persone con disabilità abbiano la stessa cura dei prodotti del classico mondo del Design.

Dichiarazione di Stoccolma dell’EIDD©, 2004

2. Come progetta un prodotto seguendo i principi del Design for All?

I progetti nascono sempre dall’osservazione, dalla ricerca e principalmente dalle richieste della committenza. Il Design for All mi è utile per avere molta attenzione all’utenza ampliata: il Design tradizionale progetta spesso e volentieri per astrazione considerando l’uomo standard. Di fatto l’uomo standard non esiste, ma è invece un sistema complesso di abilità diversificate, a volte disabilità, e soprattutto desideri, aspirazioni.

vedi i nostri progetti Design for All

3. Si avvale anche del confronto con altri professionisti?

Nello Studio Rodighiero.Design ho la fortuna di avere un padre ingegnere che mi supporta in alcune soluzioni tecniche, i prodotti per le persone con disabilità a norma devono rispettare le portate e quindi sollecitazioni e sforzi di svariate centinaia di kg. Dall’altro lato ho un fratello architetto che mi aiuta a considerare e contestualizzare i prodotti all’interno di ambienti ricercati e contemporanei. Mi considero fortunato.

4. Come si è evoluta negli anni la progettazione “senza barriere architettoniche”?

Sicuramente negli ultimi vent’anni si fa molta più attenzione alle barriere architettoniche, anche se risolvono solo una parte del ‘problema’. Rendere accessibile un museo non significa rendere fruibile a tutti l’esposizione. Basti pensare ai non vedenti… In questo senso, è meglio avere un approccio inclusivo come il DfA e rendere l’abbattimento delle barriere architettoniche un sottoinsieme del processo di progettazione.

5. Si ritiene soddisfatto del percorso evolutivo della progettazione?

Sì, se vedessi anche grandi designer e archistar progettare in modo inclusivo…

6. Quali sono, secondo lei, gli aspetti che meritano più attenzione per il futuro?

L’invecchiamento della popolazione e la sua longevità sono fattori che non si possono non tenere in considerazione. E gli anziani di oggi sono persone che non voglio sentirsi tali, sono connessi alla rete e tecnologicamente educati grazie ai dispositivi mobili. In questo contesto, la dignità delle persone sarà sempre più importante. Non ci può più permettere di progettare ausili dal sapore ospedaliero, e, più in generale, mettere in commercio prodotti difficili da comprendere e utilizzare.

7. Come giudica la vision di Goman riguardo il Design for All? Avete nuovi progetti in cantiere?

Estremamente nobile. Sono rarissime le aziende che rischiano proponendo prodotti innovativi e inclusivi, che, nel suo settore, possono risultare dirompenti e inusuali. Ci vuole coraggio e determinazione. Dai risultati soddisfacenti delle vendite di Prime e dalla selezione per il Compasso D’Oro ADI, stiamo cogliendo l’occasione per sviluppare insieme al dipartimento di R&S un progetto nuovo che fa tesoro delle novità degli ultimi successi.

Design per l’accessibilità e la bellezza

1. Funziona. Ma non lo uso perché non mi piace.

A febbraio 2016, è stato organizzato da Thinkalize (e poi da Prodevo), Ipasvi e Paco un hackthon presso il Fablab di Brescia con persone affette da artrite reumatoide. E’ stata l’occasione per testare alcuni prodotti presenti in commercio da far provare e raccogliere dati per lo sviluppo di nuovi oggetti o il miglioramento degli esistenti. Abbiamo quindi preso nota delle osservazioni sul funzionamento, comodità, impressioni e commenti personali. Erano tutti strumenti scelti in base a tematiche sollevate dagli stessi pazienti: girare le chiavi, aprire le bottiglie o barattoli, impugnare le posate.

La vera nota di rilievo è stata la reazione di una paziente. Nonostante abbia ammesso che alcuni prodotti risolvessero un suo problema quotidiano, dichiara apertamente che non ha nessuna intenzione di acquistarli o usarli nemmeno in ambito domestico. Li ha ritenuti sgradevoli e fonte di imbarazzo. Nel caso specifico del gira-chiavi, ci ha fatto anche notare che proprio per questo motivo (oltre alle dimensioni) è uno strumento impossibile da portare con sé, nemmeno in borsa.

2. Il progetto per l’individuo reale. Risolvere problemi non è sufficiente.

E’ evidente che il focus dei progetti da sviluppare non si risolve nel mero funzionalismo, ma il funzionalismo diventa il presupposto per affrontare altre questioni ben più importanti: capire l’utente, come vuole sentirsi, in che occasioni viene utilizzato uno strumento, quali sono le dinamiche comportamentali, ecc. Insomma capire le emozioni e le esigenze personali dell’utente è fondamentale in questa tipologia di progetti.

Pensare quindi di risolvere un problema senza tener presente quanto sia importante la gradevolezza, sembra essere la conferma dell’erroneità del progetto. Un prodotto sgradevole, anche regalato, non viene utilizzato pur svolgendo perfettamente la funzione richiesta. Il prodotto “ghettizzante” non lo vuole nessuno, sia esso industriale, artigianale, DIY o Opensource. E se le usa è perché è costretto dalla sua disabilità, o nel peggiore dei casi, perché non ha la capacità d’acquisto per scegliere di meglio.

3. Una moltitudine di ausili: serve ricerca per non inventare la ruota.

In questo campo, come negli altri, la ricerca prima del progetto è importante. Nel caso del design per l’accessibilità è fondamentale, dato che il mondo di ausili e strumenti per persone con disabilità temporanee o permanenti è davvero grande. Il problema è che le informazioni non sono così accessibili (ironia della sorte) come nel mondo del design classico. Molti strumenti hanno nomi estremamente specifici o improbabili, i prodotti in commercio trovano il loro posto nella rete in siti vecchi e abbandonati, o peggio, ancora non hanno un’immagine di riferimento.
E’ consigliabile quindi visitare un’ausilioteca per capire il panorama delle soluzioni più comuni, fare una ricerca lunga e approfondita online per capire cosa esiste già e come il problema è stato risolto. L’operazione può richiedere svariato tempo. Diversamente, molti progetti per l’accessibilità sono mere rivisitazioni, restyle di prodotti esistenti di cui è possibile fare il gioco delle differenze.

4. La dignità come incognita non quantificabile.

Ancora una volta il Design for All, a distanza di svariati decenni, risulta ancora il miglior approccio per la progettazione. Perché a differenza di altri approcci, molti nati recentemente, pone al primo posto la dignità delle persone. Il Design for All ti spinge costantemente verso una spiccata sensibilità progettuale che permette di ottenere un risultato finale spesso vincente. In alcuni casi addirittura non si notano le qualità inclusive e il progetto si inserisce nei più comuni contesti del design.
C’è quindi la possibilità di trasformare un ausilio in gadget, un accessorio in momento decorativo. Vi sembra poco?
Ma la domanda aperta, in realtà, è questa: come quantificare la dignità?

Vedi altri progetti di Hackability

5. Soluzione for All + Poesia = Bingo!

Nel 2015 ho assistito ad una lezione al Politecnico di Milano del corso di Design for All. Avril Accolla ha tenuto un intervento sottoponendoci un progetto esemplare di come l’inclusione possa essere sviluppata nel progetto.

La piazza inclinata del Teatro dell’Opera di Oslo: un progetto che fa parlare, magari anche discutere, ma la nota era altrove. Era solo il pretesto per esprimere un’idea lungimirante, seppur non nuova, dalla capacità di sintesi ed efficacia notevole: “Se al progetto for All aggiungi la Poesia, hai fatto Bingo.”. Se per gli addetti al lavoro è una frase scontata, la realtà industriale toglie la poesia, imponendo al prodotto l’ostacolo della sua sgradevolezza e privandolo della sua funzione, intesa come ragion d’essere.

6. Alcuni consigli per la progettazione.

  1. Parla e confrontati con le persone (vedi Hackability che è uno statement).
  2. Fai una ricerca lunga e approfondita dei prodotti e delle soluzioni esistenti.
  3. Parti da un progetto/sistema funzionante e declinalo formalmente in base alle esigenze e al contesto.
  4. Progetta come se stessi progettando per te, o per la migliore azienda.
  5. Ricorda che il corpo umano è uno strumento, e ogni sua parte ti può aiutare.
  6. Non cercare sempre di nascondere o mimetizzare il prodotto, a volte la visibilità può essere un vantaggio.
  7. Ricordati che la disabilità è variabile e la personalizzazione è importante.
  8. Usa tutta la tecnologia che ti è più utile.
  9. Verifica e testa i tuoi progetti con gli utenti finali: da loro riceverai i migliori suggerimenti.
  10. Se puoi, rendi il tuo progetto opensource.

P.S. Ringrazio di cuore il Prof. Luigi Bandini Buti, maestro e amico. Molto nasce da sereni dialoghi e difficili confronti.

Francesco Rodighiero

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